Mi appoggiai esasperata allo schienale imbottito della poltroncina, giocando col medaglione. Continuavo ad osservare quella porta colorata, il muro con sopra disegnate delle farfalle, i peluche disseminati ovunque, i disegni appesi alla bacheca di sughero. L'orologio a forma di coniglio, appeso al muro davanti a me, ticchettava indisturbato, producendo un rumore impercettibile e scandito, eppure insopporabile e assordante alle mie orecchie. I minuti che la lancetta scandiva erano, per me, la metafora della mia via: ero incapace di trattenerla, di governarla. Come la sabbia che inevitabilmente scivola dalle dita.
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